Il titolo di questo articolo prende spunto dalla famosa canzone di Adelmo Fornaciari, noto anche con lo pseudonimo di Zucchero.
Siamo in un periodo di distanziamento sociale obbligato: nei negozi si entra con guanti e mascherina protettiva, il personale ti ricorda la distanza tra avventori e contingenta gli ingressi, alle casse è necessario accedere in maniera dilazionata e si parla con gli operatori attraverso vetri o plexiglas.
Oggi sono andato in un negozio correttamente munito di mascherina e guanti monouso, per una piccola spesa e successivamente mi sono recato alle casse per pagare.
Resto in piedi in coda e rispetto le distanze imposte per legge e contrassegnate da nastro adesivo sul pavimento. La signora davanti a me mi intima con tono minaccioso: “può stare più indietro?”. Io annuisco ed indietreggio per evitare inutili discussioni.
Al che ho iniziato a riflettere sul fatto che è necessario attenersi a ciò che ci viene richiesto, senza essere troppo aggressivi, con il rischio di infastidire il prossimo.
Per affrontare la salute mentale e gli aspetti psicosociali dell’epidemia di COVID-19 si fa riferimento ad un termine composito “salute mentale e supporto psicosociale” (MHPSS) usato nelle Linee Guida del Comitato Permanente Inter-Agenzie (IASC) per i MHPSS nei Pronto Soccorsi per descrivere “qualsiasi tipo di supporto locale o esterno che mira a proteggere o promuovere il benessere psicosociale e/o prevenire o trattare le condizioni di salute mentale”.
Nelle linee guida IASC per MHPSS in situazioni di emergenza raccomandano l’integrazione di più livelli di intervento nell’ambito delle attività di risposta alle epidemie. Questi livelli si allineano con uno spettro di salute mentale e bisogni psicosociali e sono rappresentati in una piramide di interventi che vanno dall’incorporare considerazioni sociali e culturali nei servizi di base, al fornire servizi specializzati per le persone con condizioni più gravi. I principi fondamentali includono: non danneggiare, promuovere i diritti umani e l’uguaglianza, utilizzare approcci partecipativi, basarsi sulle risorse e capacità esistenti, adottare interventi multilivello e lavorare con sistemi di supporto integrati.
In qualsiasi epidemia, è comune che le persone si sentano stressate e preoccupate. Risposte comuni delle persone colpite (sia direttamente che indirettamente) potrebbero includere:
Paura di ammalarsi e morire
Evitare di avvicinarsi alle strutture sanitarie per paura di essere infettati durante le cure
Paura di perdere mezzi di sussistenza, di non essere in grado di lavorare durante l’isolamento e di essere licenziati dal lavoro
Paura di essere socialmente esclusi / messi in quarantena a causa dell’associazione con la malattia (ad es. razzismo contro persone che provengono o sono percepite come provenienti da aree colpite)
Sentirsi impotenti nel proteggere i propri cari e la paura di perdere i propri cari a causa del virus
Paura di separarsi dalle persone care e dai caregiver a causa del regime di quarantena
Rifiuto di prendersi cura di minori non accompagnati o separati, persone con disabilità o anziani a causa della paura dell’ infezione, perché i genitori o gli operatori sanitari sono stati messi in quarantena
Sensazione di impotenza, noia, solitudine e depressione dovute all’isolamento
Paura di rivivere l’esperienza di un’epidemia precedente
Le emergenze sono sempre stressanti, ma fattori di stress specifici dell’epidemia COVID- 19 influenzano la popolazione.
Gli stress includono:
Rischio di essere infettati ed infettare gli altri, soprattutto se la modalità di trasmissione di COVID-19 non è al 100% chiara
Sintomi comuni di altri problemi di salute (ad es. Febbre) possono essere confusi con COVID-19 e portare alla paura di essere infetto
I caregivers possono sentirsi sempre più preoccupati per il fatto che i loro figli siano a casa da soli (a causa della chiusura delle scuole) senza cure e supporto adeguati. La chiusura delle scuole può avere un effetto differente sulle donne, le quali forniscono la maggior parte dell’assistenza all’interno delle famiglie, con conseguente limitazione del loro lavoro e delle opportunità economiche.
Rischio di deterioramento della salute fisica e mentale delle persone vulnerabili, ad esempio gli anziani (Intervento 1) e le persone con disabilità (Intervento 2), se gli operatori sanitari vengono messi in quarantena e se altre cure/ supporto non sono garantite.
Sono dell’idea che una parte importante del lavoro che noi psicologi stiamo già svolgendo, arriverà a breve per gestire tutto ciò che il COVID-19 lascerà a livello mentale.